Cerca nel blog

domenica 18 luglio 2021

Sarò tranquillo quando...

Devo fare una doverosa premessa: non sono un assiduo frequentatore della messa in latino. Vi ho partecipato in poche occasioni che si possono contare sulle dita di una mano e sinceramente a suo tempo sono rimasto colpito dalla sua sobria solennità e se devo dirla tutta mi sorprese ancor di più il vedere tanti giovani e famiglie con bambini tra i banchi. 

Ricordo anche che anni fa partecipai in Germania (era la giornata mondiale della gioventù di Colonia) ad una messa in una parrocchia che ospitava giovani da diverse parti del mondo. Ebbene le parti comuni della celebrazione (come ad esempio il Padre Nostro) erano tutte in latino e tutti i parrocchiani sapevano recitarle senza problemi. Ricordo che ero accanto a tedeschi, spagnoli, inglesi, ma tutti stavamo pregando con la stessa lingua, la lingua della Chiesa e certamente in quel giorno ebbi una percezione più chiara di cosa significa "cattolica" cioè universale. 

Sbaglia anche chi sostiene che i nostri nonni recitassero parole in latino senza saperne il significato. Mio nonno (che aveva solo la quinta elementare) è stato il primo a spiegarmi il significato del Pater Noster e questo perchè se è vero che pochi conoscevano il latino rimane altrettanto vero che i sacerdoti allora si premuravano di istruire i fedeli, di spiegare il significato delle preghiere e delle diverse formulazioni della fede. Oggi invece il Padre Nostro nessuno lo spiega più  per cui si cambiano le parole sperando la gente comprenda meglio e garantendo così solo il perpetuarsi dell'ignoranza.

Ho cari amici che prendono parte con assiduità alla messa nel vetus ordo e posso testimoniare che sono tutt'altro che scismatici o sedevacantisti e che davvero (e certamente molto più di me) pregano per la Chiesa e per il pontefice. Nella lettera di accompagnamento al Motu Proprio recentemente voluto da Papa Francesco si parla con preoccupazione delle divisioni nel corpo di Cristo che avrebbe alimentato tale rito e la sua frequentazione da parte di gruppi di fedeli. Ora, io ritengo assolutamente plausibile che vi sia anche chi vive questa partecipazione come un'occasione per evidenziare un contrasto e rinfocolare una disobbedienza, ma nè più nè meno di tanti altri che partecipano invece alla messa post-conciliare.

A tal propostito sono otto anni che, in occasione di sortite ecclesiali e papali che mi lasciano assai perplesso, mi sento dire dai normalizzatori di turno un perentorio "stai tranquillo". Certamente questo può essere un utile invito ad approfondire le cose e non nego che nel farlo mi sia capitato di vedere talune cose in modo diverso. Ma devo anche confessare con rammarico che oggi posso con tranquillità controbattere "tranquillo un cavolo!" visti certi risultati ottenuti e certi processi avviati. 

Nel caso specifico del recente motu proprio riguardante la celebrazione nel Vetus Ordo lascio agli esperti le condiderazioni tecniche e mi limito solo a dire che sarò tranquillo quando oltre ad un documento come "Traditionis Custodes" ne uscirà un altro che se fosse per me intitolerei " De termine rerum ad mentula canis" (lascio a voi il divertimento della traduzione). Sarò tranquillo quando tale documento vorrà porre fine alle menate liturgiche che subiamo da anni, a canti e balli improbabili in chiesa che se va bene sembrano una puntata di "Ballando con le stelle" mentre se va male ci riportano ai tempi de "la Corrida di Corrado". Sarò tranquillo quando si porrà fine a celebrazioni in cui si portano in processione all'altare le peggio cose dal pallone del campo di calcio alle biciclette e via dicendo. Sarò tranquillo quando si smetterà nelle chiese di relegare il tabernacolo in un angolo buio e seminascosto sempre più lontano dall'altare per ribadire la centralità della Parola (ma il Verbo non si era fatto carne?) e si inizierà a non dire più che tutto è simbolico perchè dopo decenni di simbolo di qua e simbolo di là alla presenza reale la gente non ci crede più e nemmeno sa cosa sia. Sarò tranquillo quando saranno messi in riga quei laici investiti dalla loro autorità di appartenenti alla commissione liturgica, al gruppo operatori della pastorale et similia  che spadroneggiano su qualunque aspetto liturgico ai danni del malcapitato parroco di turno. Sarò tranquillo quando si sanzioneranno quei sacerdoti che trasformano la messa nella loro personale rubrica delle opinioni (magari facendo anche pubblicità a leggi liberticide) o che omettono il Credo perchè non ci credono...oppure quando si richiameranno all'ordine quei vescovi che in tempi di pandemia sospendono la celebrazione delle messe per responsabilità e solidarietà nei confronti delle istituzioni mentre queste ultime vietano qualunque processione, ma consentono poi i maxi schermi per le partite degli europei in piazza.  

Sarò tranquillo quando si vorrà mettere la parola fine a improbabili piani pastorali che sono gli stessi da anni, morti, sepolti e soprattutto fallimentari, ma puntualmente riproposti sotto altro nome. Sarò tranquillo quando si farà pulizia anche nei consigli pastorali, negli altri organi parrocchiali e nelle istituzioni educative cattoliche ormai colonizzati per lo più da quei cattolici adulti che esordiscono sempre con "sono cattolico, ma..." per poi agire ovviamente al contrario di ciò che insegna la Chiesa però quest'ultima serve per garantire il voto cattolico sotto elezioni. 

Sarò tranquillo quando si lasceranno morire tutti quegli organismi paraecclesiali ed intraecclesiali pieni di paraculi spesso ebbri di boria perchè "loro hanno una responsabilità" e che ripetono a manetta gli slogan di chi li ha messi lì. Il loro unico mestiere è rendere accettabili e credibili i sopra citati piani pastorali salvo poi disinteressarsene e nel mentre silenziare e ridicolizzare (ovviamente con tono canzonatorio) chiunque ponga anche solo dei dubbi. Gli stessi paraculi che poi sono gli utili idioti (ovviamente con la benedizione di buona parte delle gerarchie) per invitare i fedeli a votare i partiti ai loro occhi più presentabili che guarda caso però poi sono sempre quelli che promuovono le leggi più antiumane e anticristiane di sempre (e direi che il caso del ddl Zan fortemente voluto dal PD del cattolico Letta è assai esemplare).

E ognuno dei miei due o tre lettori prosegua nell'elenco perchè avrà certamente esempi da aggiungere. 

Sino a quel momento amici miei non credo proprio di riuscire a stare tranquillo.

domenica 4 aprile 2021

Vinta è la morte! (S. Pasqua 2021)


Provate a immaginare uno scenario di guerra, una terra solcata e ferita da profonde trincee in cui migliaia di soldati giacciono con i piedi risucchiati dal fango.  Immaginatevi i miasmi che da esse provengono ed il puzzo di morte che sale dalla terra di nessuno che divide le fortificazioni degli eserciti in campo. 

Sì, la morte è il sovrano indiscusso di tutto, non solo il suo lezzo pervade l'aria, ma essa è in ogni cosa. Infatti l'unica sicurezza è che prima o poi la morte arriverà, che sia per un proiettile, una bomba, per malattia o per inedia. Nulla se non lei alle spalle e soltanto lei nel futuro, la mietitrice è regina in quel mondo e appare incontrastabile. 

Ora immaginatevi un semplice soldato come tanti che si trova però ad assistere al momento in cui l'annuncio della fine delle ostilità giunge al comando della sua divisione. Questi si metterà a correre a perdifiato per le trincee e per i camminamenti  gridando a tutti che la guerra è finita e che non dovranno più combattere. I suoi commilitoni lo prenderanno per pazzo, alcuni gli intimeranno di stare giù perchè un cecchino nemico potrebbe colpirlo, altri lo guarderanno ormai sordi a qualunque cosa perchè inebetiti dalla guerra, ma alcuni, pochi o tanti non conta, si desteranno, inizieranno a interrogarsi, uno sguardo nuovo si scorgerà nei loro occhi e si metteranno all'opera per carpire nuove notizie perchè quella morte che sovrastava tutto e tutti, oggi vacilla di fronte a questa buona notizia. 

E quel soldato? Certo apparirà come un incosciente perchè così facendo si esporrà al fuoco nemico se dall'altra parte la notizia ancora non si è diffusa oppure addirittura con il suo gridare attirerà il fuoco dei cannoni perchè il clamore potrebbe essere interpretato come l'inizio di un'offensiva. Sa bene di rischiare la vita e sa anche che i suoi stessi compagni lo guarderanno straniti e molti non gli crederanno o neppure gli baderanno. Ma tutto questo non conta perchè quella notizia di cui si è fatto messaggero lo ha totalmente conquistato. Egli vive per essa ed essa lo possiede e nello stesso tempo lui vede in quella notizia il compimento del suo essere persona, la chiave di volta della sua intera esistenza. 

Ecco amici, quel soldato semplice è il cristiano di ogni tempo e di ogni luogo. Non per merito alcuno, ma per grazia soltanto egli si trova ad essere annunciatore di quella speranza realizzata. 

Dov'è o morte la tua vittoria? Cristo è risorto e ha vinto la morte! 

Possa essere questo il nostro annuncio gridato a tutti.

S.Pasqua 2021 a tutti voi.   

venerdì 12 marzo 2021

L' italiano è una lingua precisa...

Sto seguendo con interesse la vicenda che vede protagonista la Giunta Regionale Piemontese che ha promosso una collaborazione tra ASL e varie associazioni (tra cui i Centri Aiuto alla Vita) nonchè l'apertura di sportelli che possano aiutare le donne che vivono una gravidanza difficile e sostenerle prima e dopo il parto (il tutto attraverso un regolare bando). 

Tutto questo alla luce del sole, senza sotterfugi e soprattutto nel pieno rispetto di quella legge 194/78 come efficacemente ed esaustivamente spiegato nel comunicato stampa (potete leggerlo qui ) a cura di Federvipa (Federazione CAV e MpV Piemonte e Valle D'Aosta). 

Tale iniziativa ha generato rabbiose reazioni da parte del fronte pro-choice regionale e nazionale con interventi diretti (e anche un poco  scomposti) del consigliere M5S Sarah Disabato seguita a ruota dal deputato del Partito Democratico Chiara Gribaudo ( qui il suo intervento). Non sono mancate le reazioni immediate del sindaco di Torino Chiara Appendino  e del deputato dem Laura Boldrini ( qui i loro interventi) insieme a tanti altri esponenti politici.

Ora, appare quanto mai singolare che chi ha fatto dell'invito alla disobbedienza civile una ragione di vita (in nome di una pluralità di diritti) si scagli con tanto fervore contro un'inziativa che non solo viene fatta secondo i crismi di una legge, ma proprio di quella legge che essi si premurano sempre di citare e che, nel caso dei più attempati, costituì motivo di lotta perchè la si approvasse. Viene quindi spontanea una domanda: quanti di quelli che si riempono la bocca della legge 194/78 l'hanno mai davvero letta e ne conoscono i dettami? Il paradosso non potrebbe essere più evidente. 

Andando oltre resta da sottolineare ancora una cosa. A dispetto di quanto a volte si dice l'italiano è una lingua molto precisa e a seconda di come determinate parole si utilizzano si può cogliere il pensiero che vi sta dietro. 

Cominciamo da un primo esempio. Una delle associazioni chiamate in causa è il "movimento per la vita". La parola vita è a tutto tondo. In essa non vi sono distinzioni. La vita è vita sempre, sia essa sana o malata, all'inizio o alla fine, sia essa del bambino, della madre o del padre (il padre! sempre dimenticato quando si parla di question come questa, quasi non avesse alcuna voce in capitolo!), povera o ricca, italiana o straniera, ecc. E il contrario della parola vita è non-vita cioè morte. Da qui ne consegue che non ci sono vie di mezzo, o l'una o l'altra. La tutela della vita contempla tutti e mai a scapito di alcuno dei soggetti in campo.

Il secondo esempio prende in considerazione le espressioni usate in campo pro-choice. Si parla con insistenza di salute della donna, diritti della donna e autodeterminazione della donna. Anche qui la precisione dell'italiano ci dice che dei vari soggetti in campo interessa uno solo e cioè la donna. Il che è importantissimo sia chiaro, ma significa che qualcuno degli altri soggetti coinvolti sarà posto necessariamente in secondo piano. Ed essendo la persona "essere in relazione" viene da chiedersi quanto danno possa arrecare il sacrificare un soggetto a scapito di un altro perchè il danno ricadrebbe su tutti gli attori in campo.  Il fatto poi di introdurre parole come salute, diritti, autodeterminazione ecc. esclusivamente in rapporto alla donna  impone che doverosamente chi si esprime così spieghi quale interpertazione intende dare ad esse (perchè vi possono essere molteplici chiavi di lettura). Ad esempio è considerata salute della donna quando questa opta per l'aborto o anche quando la stessa decide di tenere il bambino e crescerlo? E'considerato diritto della donna solo quando questa vuole interrompere la gravidanza perchè in grosse difficoltà o anche quando la stessa decide di portarla avanti e chiede giustamente aiuto per poterlo fare? E' considerata autodeterminazione solo se la donna decide in totale solitudine di abortire o quando la stessa può decidere insieme all'uomo (se questi ha avuto il coraggio di restarle accanto) con cui ha concepito quel figlio? Queste sono domande che esigono un chiarimento specialmente prima di far scorrere fiumi di inchiostro sui giornali per riportare slogan  che sono gli stessi da decenni. 

Come avete potuto constatare spesso per smascherare l'ideologia basta la sola lingua italiana.

domenica 7 febbraio 2021

Lettera agli amici del MPV rivolese

 

Cari amici rivolesi, ho avuto modo di conoscere anni fa la vostra comunità e mi onoro di essere legato da sincera amicizia con alcuni tra voi. 

Con interesse e non poca apprensione ho seguito la vicenda della mozione in merito alla delicata questione educativa delle giovani generazioni presentata dalla maggioranza in consiglio comunale e dei seguenti comunicati di segno opposto arrivati a stretto giro dalla minoranza.  

Anche elementi della società civile hanno manifestato ora contrarietà ora approvazione al contenuto di quella mozione.

Non a caso ho usato il termine “apprensione” perché pensare di relegare un tema cruciale al semplice “piantare bandierine” della politica dell’uno o dell’altro segno è quanto mai svilente e costituisce prova evidente di una non corretta comprensione della posta in gioco.

Un tema tanto delicato richiederebbe un approccio ragionato e approfondito, per quanto possibile scevro da presupposti ideologici e dalla logorante tendenza a strumentalizzare il dibattito in chiave politica e, a tal fine, mi limito a porre delle basi per una adeguata riflessione. 

Il primo equivoco in cui si è caduti in questa vicenda è la non corretta comprensione del rapporto scuola-famiglia.

Chi scrive ben conosce le dinamiche della scuola, sia come genitore sia come insegnante nella scuola primaria e secondaria di primo grado. Per un verso, la scuola rischia di fungere da comodo parcheggio per i figli durante la settimana lavorativa. Per un altro, le famiglie desidererebbero - e giustamente -  essere parte attiva e consapevole del percorso educativo.

Ciò è, in effetti, il cuore del cosiddetto patto educativo di corresponsabilità, la vitale e imprescindibile alleanza tra scuola e famiglia che ha però confini ben precisi.

Per sua natura questa alleanza non stravolge il ruolo di alcuno dei suoi contraenti e cioè non priva la famiglia di quel diritto/dovere all’educazione dei figli sancito dalla Costituzione e in specie dall’art.30 (così fortemente voluto da chi ben conosceva i rischi e i danni di un’educazione totalitaria) e nel contempo non carica soltanto sulle spalle della scuola il compito, bellissimo quanto gravoso, dell’educazione dei più giovani.

Alla famiglia è richiesto di fidarsi del fatto che la scuola saprà aiutare, custodire e far fiorire quella preziosità insita in ogni persona e che ha la sua prima ed insostituibile “palestra” nella quotidianità familiare.

Al tempo stesso alla scuola è richiesto di prendersi cura di quei giovani germogli, curarli, assecondarli nella crescita e farli sbocciare nella consapevolezza che ad essa sono soltanto affidati (e non è affatto poco!) con la promessa che ogni cosa sarà fatta nel rispetto di quelle radici che hanno nella famiglia il loro terreno.

A riprova di quanto detto sin qui lo stesso Ministero dell’Istruzione stabiliva con apposita nota la necessità di un consenso informato e preventivo per tutte quelle attività che non rientrano nel curricolo obbligatorio e che costituiscono un ampliamento dell’offerta formativa prevedendo l’astensione in caso di non accettazione da parte della famiglia e in cui rientrano ad esempio anche quei progetti eticamente molto delicati quali educazione affettiva e sessuale (nota MIUR 19534 del 20/11/2018).

Un secondo equivoco è quello di ridurre la persona umana ad un semplice agglomerato di “ingredienti” che possono integrarsi armonicamente o, al contrario, confliggere ferocemente tra loro.

Specie nel rapporto tra natura e ambiente, biologia e condizionamenti sociali, si tende a introdurre un’antitesi schizofrenica. Per parafrasare il celebre Giovannino Guareschi de Il diario clandestino, si potrebbe affermare che l’essere umano non è per nulla facile da capire e comandare, per cui o lo si considera nella sua complessità o si prendono solo sonore cantonate.

Ad esempio, il ruolo associato alla figura maschile è indiscutibilmente cambiato dal dopoguerra ad oggi e molte cose che prima erano considerate prerogativa femminile ora lo sono assai meno: chi scrive rivendica il fatto di essere l’addetto di casa alla lavastoviglie e di aver scoperto un discreto talento nel cucinare anche piatti complicati. Ma possiamo con questo negare che donna e uomo abbiano un proprio e peculiare modo di guardare al mondo? Pensiamo davvero di poter semplicemente liquidare il tratto biologico come mero accidente rispetto al dato socio-culturale?

Sono le stesse neuroscienze, al contrario, a dirci che il substrato cromosomico non determina soltanto le caratteristiche genitali, ma plasma invece in profondità ogni aspetto della nostra persona, tanto che si può parlare di un cervello femminile ed uno maschile (si legga ad esempio L.Brizendine,  Il cervello delle donne) e che la materia grigia “unisex” semplicemente non esiste. Sin dalla gestazione si evidenziano differenze cerebrali che hanno a loro volta influssi cognitivi, comportamentali e ormonali e che cambiano il modo con cui uomo e donna vivono il mondo.

Allora la biologia esaurisce tutto? Assolutamente no, ma intenderla come fattore accessorio o, peggio, pensare di ignorarla, è una contromossa falsificante e dannosa. Quale insegnante non sa e quale genitore non vede che determinate peculiarità tipicamente maschili o femminili, sono agìte molto prima che ve ne sia piena consapevolezza da parte del bambino?

Non è la stessa cosa, ad esempio, insegnare in una classe a prevalenza femminile o maschile e servono attenzioni, modalità ed espedienti diversi per facilitare l’apprendimento e questo non perché gli uni siano meglio delle altre, ma perché il non tenerne conto si ritorce sul docente come un boomerang.

Distinguere, rispettare e valorizzare le differenze senza quindi banalizzarle, non significa affatto discriminare, ma lavorare piuttosto per una maggiore integrazione di ciascuno, senza pretendere invece di uniformare ideologicamente. 

Un terzo ed ultimo equivoco è forse il ruolo che si attribuisce alla scienza.

Essa non può permettersi di piegarsi alle esigenze degli uni o degli altri, ma deve confrontarsi con la realtà e accettare anche che le premesse iniziali possano essere completamente stravolte.

Sulle tematiche qui trattate la scienza non ha ancora detto una parola definitiva e le nuove ricerche aprono di continuo parentesi ben lontane dall’essere chiuse.

Da un alto le scienze sperimentali continuano ad accumulare evidenze delle peculiarità maschili e femminili, ma sappiamo anche che in altre discipline i presupposti  filosofici possono decisamente influenzare risultati e metodologia di ricerca.

Se decidessimo di restare su questo terreno ogni parte potrebbe probabilmente citare in eguale misura ricerche scientifiche a sostegno della propria tesi e non si arriverebbe da nessuna parte.

E proprio qui sta il punto: laddove sulla questione non vi è un consenso unanime è possibile invocare un principio di prudenza?

In mancanza di una definitività sulla questione delle differenze maschili-femminili è lecito chiedersi se non sia un errore cancellarle (o banalizzarle il che equivale a svuotarle di senso) con l’aggravante della pretesa di farlo attraverso libretti (Piccolo Uovo ad esempio) in cui si sceglie di agire laddove non vi è né consapevolezza né capacità critica da parte degli utenti.

E il consenso della famiglia? Sarà chiesto o meno? E qualora questa dicesse di non essere d’accordo?

In una paese dove in ogni ascensore c’è una targhetta che avverte che è fatto divieto ai minori di dodici anni di salire da soli, possiamo permetterci di agire con leggerezza e superficialità su ciò che concerne l’essenza dell’umano e con bambini ancora più piccoli?

Quale voce in capitolo possono e debbono avere le famiglie cui compete il primato educativo?

E le istituzioni educative che operano a vario titolo sul territorio? Sono state tutte coinvolte oppure si opera una selezione per non avere voci critiche o contrarie?

Qual è il bene ultimo che si vuole raggiungere?

Una lotta alla discriminazione può (anche con le migliori intenzioni) trasformarsi in una discriminazione al contrario per chi non si sente allineato?

Queste domande e molte altre sono quelle che la politica tutta (intesa come la più alta forma di carità) dovrebbe porsi prima di “ingabbiare” un tema così importante in logiche di partito e opposte fazioni.

Un’ultima nota di dispiacere. Ho letto che alcuni esponenti cattolici della politica rivolese appoggiano la diffusione e la lettura di libretti nelle scuole come quello sopra citato sposando la teoria della contrapposizione tra biologia e condizionamenti sociali. Stupisce perché pare inverosimile non si scorga il pericolo insito in certe teorie e non perché sia ritenuto tale da un ristretto gruppo di cattolici oltranzisti, ma dallo stesso Pontefice (molto meno mediatico quando dice certe cose):

 

 << ...Per esempio, io mi domando, se la cosiddetta teoria del gender non sia anche espressione di una frustrazione e di una rassegnazione, che mira a cancellare la differenza sessuale perché non sa più confrontarsi con essa. Sì, rischiamo di fare un passo indietro. La rimozione della differenza, infatti, è il problema, non la soluzione.>>

(Papa Francesco, udienza generale del 15/4/2015)

                                                                                                                    Con stima e amicizia
                                                                                                                    Andrea Musso